Un anno dopo la scandalosa nomina di Cassata – dell’ avv.Fabio Repici

Queste le parole dell’avvocato Fabio Repici per l’anniversario della scandalosa nomina del Dr. Cassata alla Procura generale di Messina.

Esattamente un anno fa il peggior Consiglio superiore della magistratura della storia nominava il dr. Antonio Franco Cassata alla guida della Procura generale di Messina. In una frettolosissima ultima seduta del plenum del Csm a nulla valsero le parole accorate di uno sgomento Livio Pepino: Ma come possiamo? Uno con quel pedigree? Intendeva uno denunciato per essere stato amico di mafiosi, uno iscritto ad un circolo paramassonico della sua città (Barcellona Pozzo di Gotto, provincia di Messina, il circolo Corda Fratres) del quale al contempo era riverito socio perfino il capo di Cosa Nostra barcellonese (Giuseppe Gullotti, condannato con sentenza definitiva quale mandante dell’omicidio del giornalista Beppe Alfano), uno che non si è mai trattenuto dall’entrare a gamba tesa per ostacolare indagini e processi a carico di amici (inclinazione tradotta col termine interventista da un membro del precedente Csm, che all’uopo dovette ricorrere alla fantasia metaforica del fratello letterato). La proposta passò a maggioranza.

Ne è derivato l’annus horribilis per la giustizia a Messina ed anche per l’informazione. In giro per l’Italia, a corredo di un salace commento di Pepino su quella nomina, si rincorsero le parole scandalizzate di tanti magistrati lungo la mailing-list di Magistratura Democratica. Da tutta Italia, tranne che da Messina. Ancora oggi capita di incontrare addetti ai lavori che non trattengono l’indignazione per quella nomina: nei palazzi di giustizia di tutta Italia tranne che a Messina.

Qualche settimana dopo quella nomina ricevetti una mail dal mio amico Adolfo Parmaliana. Non riusciva a trattenere lo scoramento e concludeva: a seguito delle ultime decisioni del Csm medito di dimettermi da italiano, dopo essermi già da tempo dimesso da siciliano.

Neanche due mesi dopo Adolfo si tolse la vita, lanciandosi da un viadotto dell’autostrada Messina – Palermo, non prima di lasciare un’ultima lettera che, a rileggerla ancora oggi, continua ad essere un pugno nello stomaco: dopo una vita di lotta contro mafiosi e colletti bianchi mi sottraggo scientemente alla rappresaglia della malagiustizia barcellonese/messinese che vorrebbe farmela pagare.

Morto Adolfo, in quel modo, il volto ufficiale della giustizia messinese, la magistratura associata del distretto, partorì un singolare manifesto con cui si lamentava dell’ultima puntata di Blunotte di Carlo Lucarelli (ingiustificate ed indiscriminate accuse al rito peloritano e discredito di tanti magistrati laboriosi e giusti) e additò al pubblico ludibrio, con tanto di nome e cognome (come era d’uso nei tardi anni Settanta in volantini di tutt’altra provenienza), una delle cinque persone onerate espressamente da Adolfo Parmaliana di spiegare le accuse del suo memoriale.

Quel memoriale che i cittadini messinesi avevano dovuto leggere su internet o sulle testate nazionali, avendone disposto rigorosissima censura il quotidiano locale Gazzetta del Sud.

E cosa ne è stato dei principali processi in cui è stata impegnata la Procura generale di Messina del nuovo corso? Peggio che andar di notte.

Nel processo denominato Panta Rei(a carico dei mafiosi calabresi e dei loro alleati che per decenni – e forse ancora oggi – avevano messo sotto il loro controllo l’università di Messina), il sostituto del dr. Cassata con parole inequivoche ha abbandonato l’appello proposto dalla Direzione distrettuale antimafia contro l’assoluzione ottenuta in primo grado dal professore Giuseppe Longo (già sospettato e archiviato per l’omicidio del prof. Matteo Bottari) dall’accusa di associazione mafiosa.

Nel processo denominato Mare Nostrum (contro i clan mafiosi della fascia tirrenica messinese), poi, il surrealismo giudiziario ha preso il sopravvento. Ne è venuta fuori, perfino, su richiesta dei difensori del boss Gullotti (sempre quello, il consocio di Cassata nel circolo Corda Fratres), la testimonianza del P.m. del processo di primo grado, il dr. Olindo Canali, dopo la divulgazione di un memoriale anonimo poi riconosciuto (con un fax a Cassata) come proprio da quel magistrato (e nel memoriale schizzi di fango contro forze dell’ordine, contro alcuni suoi colleghi e perfino contro qualche eroico familiare di vittime di mafia).

Naturalmente, l’informazione cittadina ha fatto di tutto per attutire le conseguenze di quella testimonianza nocive per il sistema, allorché si seppe che per il dr. Canali erano state avviate dal Csm (perfino da questo Csm!, proprio insalvabile il soldato Canali…) la pratica per incompatibilità ambientale e funzionale e dalla Procura di Reggio Calabria un’indagine per falsa testimonianza e favoreggiamento del boss Gullotti.

Nei giorni scorsi è arrivata la notizia che il Csm ha formalizzato le contestazioni al dr. Canali (fra le quali anche le vicende riguardanti Adolfo Parmaliana) e lo ha convocato per il prossimo 15 settembre e chissà che in quell’occasione Canali non trascinerà con sé in un abbraccio mortale anche il dr. Cassata, del quale per anni è stato fedelissimo seguace. Tutti quelli che conoscevano Adolfo Parmaliana sanno che erano Canali e Cassata i primi due nomi che egli catalogava nella malagiustizia barcellonese/messinese. C’è voluto il cadavere di Adolfo per costringere le istituzioni ad alzare il velo. Ora gli stessi interessati per la prima volta temono di essere giunti al capolinea.

Se e quando ciò dovesse accadere, tuttavia, sarà impossibile provarne soddisfazione. Solo piangerò una lacrima in più per Adolfo. Sarei stato perfino disponibile a mettere la firma perché la carica di Procuratore generale per il dr. Cassata diventasse vitalizia, pur di poter restituire Adolfo ai suoi figli, a sua moglie ed ai suoi genitori. Nell’impossibilità di ciò fuori dai sogni di queste calde notti d’estate, rimane solo l’impegno per non vanificare il sacrificio di un uomo coraggioso e di uno scienziato valentissimo.

Fabio Repici